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Famiglie disfunzionali – difficoltà comunicative

Qualche tempo fa ho introdotto il tema delle famiglie disfunzionali : famiglie che non sono (o non sono state) in grado di cambiare ed adattarsi di fronte ad eventi critici che riguardano uno o più membri della famiglia stessa (es.nascita di un figlio, perdita del lavoro, un figlio che esce di casa, una malattia improvvisa, un divorzio…).

Il tema ha riscosso interesse perciò ho pensato di ampliare l’argomento parlando di una delle caratteristiche principali della famiglia disfunzionale: le difficoltà comunicative.

Un paio di sere fa ho finito di leggere “Donne che amano troppo” di Robin Norwood. Ho sottolineato tante (TANTE) cose, ma soprattutto questa frase:

“Tutte le famiglie disturbate hanno in comune l’incapacità di discutere la radice dei problemi. Magari vengono discussi altri problemi (…) che per lo più servono a coprire il segreto, il problema reale, che rimane nascosto, ed è il vero motivo delle disfunzioni della famiglia”.

Persino il grande sociologo Zygmund Bauman ci dice che …

“il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione”

Disclaimer importante: quando parlo di famiglie disfunzionali non lo faccio con un’accezione negativa. Il termine disfunzione viene spesso utilizzato per indicare quando “un meccanismo interno non è in grado di svolgere la sua funzione naturale, ovvero la funzione che è deputato a svolgere” (Psicologia Clinica, quinta edizione, A. M. Kring, S.L. Johnson, G.C. Davison, J.M. Neale). Io lo utilizzo nello stesso modo in cui viene concepito all’interno del DSM-5, ovvero, facendo riferimento al fatto che le disfunzioni comportamentali, biologiche e psicologiche sono fra loro correlate.

“Tutte le famiglie hanno la loro dose di funzionalità e disfunzionalità; è solo una questione di percentuali.”

Cynthia D’Aprix Sweeney

Bene, prima di parlare delle difficoltà comunicative vorrei proporvi una clip dal film “The Fighter” di David O. Russell.

Micky cerca di parlare ma viene costantemente bloccato dalla madre e dal fratello; il patrigno li esorta a tacere ed ascoltare, venendo zittito pure lui. Una comunicazione di questo tipo non può dare grandi risultati… Per lo meno per il povero Micky.

Partiamo dal presupposto che è impossibile non comunicare.

Secondo Paul Watzlawick – esponente della Scuola di Palo Alto e punto di riferimento della terapia sistemica e familiare  – tutte le comunicazioni sono comportamenti e tutti i comportamenti sono comunicazioni, perciò siccome non esiste un non-comportamento (es. rimanere impassibili è un comportamento – – >”non mi muovo”) non esiste una non-comunicazione (es.rimanere in silenzio implica l’invio di un messaggio – – >”non voglio parlare”).

La domanda non è quindi “se” una persona stia comunicando, ma “cosa” stia comunicando, anche tramite il silenzio o l’assenza.

Inoltre, come si evince dal video proposto poche righe più su, ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto… e uno di relazione! In altre parole, ogni comunicazione, oltre a trasmettere un’informazione (Bateson la chiama “notizia”), implica anche un impegno tra i comunicanti e definisce la natura della loro relazione. L’aspetto di relazione è definito dai termini in cui si presenta la comunicazione stessa (es. dal non-verbale e dal contesto in cui si svolge).

Nelle famiglie disfunzionali spesso l’aspetto di relazione prevale su quello del contenuto. Gli scambi comunicativi, infatti, sono caratterizzate da una lotta costante per definire i propri ruoli mentre l’informazione trasmessa passa in secondo piano.

Attenzione: questo non avviene solo ed esclusivamente nelle famiglie disfunzionali. Tutti, prima o poi, cadiamo nelle trappole della comunicazione.

La teoria del doppio legame

Un chiaro esempio di comunicazione “patologica” è quello che G. Bateson definisce nella teoria del doppio legame. Introdotta verso la fine degli anni ’50 come modello esplicativo della schizofrenia, questa teoria è poi divenuta uno degli assi portanti della prospettiva sistemica.

Cos’è il doppio legame? È un paradosso comunicativo, un “dilemma” che lascia l’interlocutore senza via d’uscita. Qualsiasi cosa farà, sbaglierà.

Vi propongo un altro video, tratto dal film “Ti odio, ti lascio, ti..“.

Il personaggio interpretato da Vince Vaughn dice: “aspetta, mi vuoi dire che ti sei arrabbiata perché non ho lo sfrenato desiderio di lavare i piatti?” – a cui Jennifer Aniston risponde: “No, mi sono arrabbiata perché non hai lo sfrenato desiderio di OFFRIRTI di lavare i piatti”.

Ecco, la comunicazione paradossale è proprio questa.

  • “Sii spontaneo”
  • “Non fare tutto ciò che ti dico!”
  • “Non chiedermi sempre aiuto! Sii intraprendente… Ma aspetta ad inviare quell’e-mail, mandami prima la bozza così la correggo”

Il doppio legame si verifica quando ad una persona viene richiesto di fare qualche cosa(X), ma al contempo anche Y, che entra in conflitto con X: due cose opposte, impossibili da realizzare perché in conflitto tra loro.

Crescere in una famiglia in cui questo tipo di comunicazione è molto frequente può comportare grosse difficoltà (… Non per forza la schizofrenia, sia chiaro! 😁 Quello era solo un esempio di Bateson per mostrare un’ipotesi più generale): insicurezza, sensi di colpa, non chiarezza rispetto ai valori da seguire…

Per oggi mi fermo qui, se vi interessa, nelle prossime settimane approfondirò ulteriormente il tema.

A presto!


Per riflettere ed approfondire :

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