
“Qual è il metodo di studio più efficace?” – “Qual è il segreto per memorizzare ed apprendere senza fare fatica?” – “Il magico metodo del pomodoro” – “il magico metodo della lettura veloce” – “5 trucchi per imparare dormendo” – “ti svelo un segreto per passare tutti gli esami studiando un’ora al giorno” e via dicendo….
Nonostante le tante ricette che esistono su internet, l’unico segreto da svelare è questo:
NON ESISTE UN METODO EFFICACE PER TUTTI!
“Lo studio è una particolare forma di apprendimento che ha come scopo l’apprendere da un testo o da una lezione in modo intenzionale ed auto diretto”
(Anderson, 78)
Ciò significa che per imparare a studiare prima di tutto ci vuole… La volontà!
Per “volontà” intendiamo la motivazione, ovvero quella “spinta che orienta l’azione individuale per il raggiungimento di uno scopo” (Atkinson e McClelland). Questa “spinta” viene innescata quando l’individuo avverte un bisogno, ovvero uno squilibrio tra la situazione attuale e la situazione desiderata.
Molti studiosi dell’apprendimento, nel corso della storia della psicologia e della pedagogia, si sono focalizzati sul ruolo degli incentivi: motivazioni ad apprendere o a mettere in atto determinati comportamenti che possono essere di tipo estrinseco (es.premi o punizioni) od intrinseco (es.senso di autodeterminazione).
Tra gli approcci che maggiormente si sono occupati di motivazione ed apprendimento attraverso incentivi estrinsechi vi è sicuramente il Comportamentismo. Skinner in particolar modo propose la teoria del condizionamento operante basata sul concetto di rinforzo. L’autore creò una nuova situazione sperimentale (la “Skinner box”) grazie alla quale osservò il comportamento di diversi animali (di solito topolini o uccellini) alle prese con vari compiti (es. premere una leva). Scoprì che l’apprendimento dei diversi comportamenti avveniva in seguito a rinforzi positivi (es.cibo come premio) e che esso poteva essere eliminato attraverso rinforzi negativi (es. scosse come punizioni).
Alcuni autori si opposero alla visione comportamentista dell’apprendimento (ritenuta troppo semplicistica). Albert Bandura, ad esempio, con la teoria socio-cognitiva dell’apprendimento sociale pose l’attenzione sull’esistenza di un sistema di influenze interagenti che comprende sia determinanti esterne (premi e punizioni / incentivi estrinsechi) che determinanti interne (credenze, pensieri / incentivi intrinsechi).
Spostandosi dal mondo animale a quello umano, l’autore utilizzò il concetto di modeling (o modellamento) per descrivere un processo di apprendimento in cui il comportamento di un individuo si modifica in funzione del comportamento osservato in un’altra persona che viene appunto assunta come “modello” da seguire.
Attraverso il famoso esperimento della “Bambola BOBO“[1] l’autore evidenziò che l’azione dell’ambiente ha sì un ruolo fondamentale[2] MA che esso viene mediato dalla capacità dell’individuo di assegnarvi un determinato significato. Bandura, attraverso questo ed altri studi, pose l’accento sulla nozione di Human Agency: la facoltà dell’uomo di agire attivamente sull’ambiente (fisico e sociale) e generare azioni mirate al conseguimento di determinati scopi. Essa comprende competenze come l’autoregolazione (dirigere se stessi mediante incentivi interni ed obiettivi restando autonomi rispetto a fattori esterni) e l’autoefficacia (la convinzione personale di essere all’altezza di determinate situazioni e di avere le capacità necessarie per raggiungere determinati obiettivi).
Anche Deci e Ryan (1985) sottolineano questo aspetto di interdipendenza tra motivazione intrinseca e motivazione estrinseca con la loro teoria sull’autodeterminazione secondo cui gli esseri umani sono guidati da una tendenza innata a ricercare la crescita e lo sviluppo psicologico. Questa tendenza, però, interagisce costantemente con il contesto socio-affettivo in cui il soggetto vive, che può favorirla od ostacolarla.
L’ambiente sociale (es. la scuola o la famiglia) può incoraggiare l’autodeterminazione attraverso il soddisfacimento di tre bisogni psicologici fondamentali: competenza, autonomia e connessione/relazione (De Beni, Carretti, Moè e Pazzaglia, 2014).
Perché vi sto dando tutte queste informazioni sulla motivazione? Perché vi parlo di auto efficacia e di autodeterminazione invece che di metodo di studio?
Perché che lo vogliate ammettere oppure no, questa è la chiave. Numerosi studi evidenziano il ruolo fondamentale della motivazione intrinseca e della percezione di autoefficacia nell’acquisizione ed il mantenimento delle conoscenze, rafforzando la performance scolastica ed accademica. In soldoni: maggiore è l’autoefficacia, maggiore è il successo scolastico.
Ma se avete cliccato su questo link e deciso di leggere fin qua forse vi aspettavate qualcosa di diverso. Ecco allora qualche strategia per facilitare l’apprendimento. L’apprendimento non coinvolge esclusivamente processi “caldi” (emotivo-motivazionali) ma anche processi”freddi” come la memoria, l’attenzione, il ragionamento ed il problem solving. Le strategie che vi propongo riguardano entrambe queste componenti (“freddo” e “caldo”).
Ovviamente non mi serve rammentare che non valgono per tutti e che dovrete provarle per capire se con voi funzionano. Ad esempio, la famosa “ripetizione a voce alta” con me non funziona. Io dopo un po’ sembro un disco rotto e mi scappa da ridere oppure mi va via la voce. Quindi no, nein, non funziona per tutti.
- A) Prima di cominciare, chiarisciti le idee sugli OBIETTIVI da raggiungere. Ad esempio, lo studio sarà molto diverso se la meta finale è “passare un esame giusto per passarlo” o “padroneggiare un concetto per interesse personale”. Capite anche da soli il grado di motivazione intrinseca che ricopre uno o l’altro.
- B) Fatti un’idea del tempo che hai a disposizione. Io spesso utilizzo il calendario stesso. Data dell’esame, data del compito in classe. Una bella X rossa sopra e conteggio dei giorni che la precedono. Questa strategia precede immediatamente lo step successivo.
- C) Organizza il materiale. In base ai giorni a disposizione suddividi il materiale (SENZA STRAFARE!). E’ inutile mettersi 8h di studio intenso al giorno. Questo vale soprattutto per gli universitari poiché al liceo c’è una tempistica diversa (lì il mio unico consiglio è quello di non ridursi all’ultimo e di studiare man mano che il prof spiega… ma tanto sono io la prima a non aver seguito questo consiglio quando era ora!). NB: è molto importante lasciarsi qualche giorno (o settimana a seconda del “volume” dell’esame) per il ripasso!
Questo per me è l’ABC dello studio. Poi possono esserci le famose strategie di cui parlavo poco più sopra:

SCHEMI – sintetizzare quanto letto nei libri o ascoltato durante le lezioni tramite l’utilizzo di schemi. C’è chi si diverte anche nella produzione di vere e proprie mappe mentali.. L’importante è non concentrarsi troppo sul lato estetico (errore che io stessa a volte commetto, d’altronde …sono bellissime!) ma su quello pratico. Lo scopo della mappa o dello schema è di aiutarti a memorizzare ciò che hai appena letto quindi via libera a disegnini illustrativi ma non perdere tempo con cornicette e ghirigori.

COLOR-CODE – utilizza i colori per separare o unire determinati concetti, o semplicemente per dargli più risalto. Solitamente consigliano di utilizzare il giallo ma per me l’importante è rimanere fedeli e coerenti. Se scegli di usare il rosa per i nomi degli autori, stick to it!

Linee del tempo – qualunque sia la materia (beh, forse non la matematica!) la trovo sempre utilissima!

Confronto – se puoi, cerca sempre di mettere a confronto i diversi argomenti che studi. Questo ti permette di metterli in discussione e di “introiettarli” in maniera critica; rielaborandoli e facilitandone la memorizzazione.
Trasforma i concetti in immagini mentali – ne sono un esempio le due testoline che ho disegnato qua sopra ma anche film e serie TV possono essere di grande aiuto. Ieri sera, ad esempio, stavo studiando il disturbo post traumatico da stress e mi sono ricordata di una puntata di Grey’s Anatomy vista anni fa. La sono andata a ricercare e ora – dopo aver mixato conoscenza teorica ed immagine – non penso che mi scorderó più i criteri diagnostici.

Trova un posto tranquillo in cui studiare (senza gatti che richiedono attenzioni, ad esempio!). Se possibile diverso da quello in cui polleggi (no divano e/o letto). C’è chi ha bisogno di silenzio assoluto e chi invece trova più stimolante ascoltare musica (io vivendo con un musicista non ho scelta ma fortunatamente mi va bene così!). C’è una terza opzione che forse non molti conoscono: l’Autonomous sensory meridian response, popolarmente conosciuto come ASMR.
Anche qui dovrei specificare che per alcuni funziona, per altri no. L’ASMR provoca una sensazione di formicolio nella parte posteriore del cranio e nel collo, in seguito a movimenti ripetitivi o sussurri, che può a quanto riferito dagli ultimi studi, essere uno strumento per aiutare le persone a risolvere vari problemi, dallo studio all’insonnia. Vi lascio una mia playlist personale [3] che utilizzo io stessa nei momenti più stressanti dello studio. Non lasciatevi spaventare dall’inusuale “roleplay” 🙂
In ultimo… Il consiglio forse più importante: TAKE A BREAK! La cosa migliore sarebbe prefissarsi delle pause ogni 40/45 minuti (soglia di attenzione massima del cervello) per dare il tempo al cervello di ricaricarsi. Cosa fare durante questa pausa? Innanzitutto cambiare aria, muoversi, spostarsi. Sarebbe meglio non mettersi davanti ad uno schermo(TV, pc o smartphone) ma fare qualcosa di più “attivo”. Io a volte ballo. Altre sono talmente stanca per lo sforzo mentale che mi butto a letto e leggo. Altre volte ancora controllo instagram… Non voglio mentire 😉
Ora vi lascio e torno a studiare (sí, ho usato la mia pausa per scrivere questo post!). A presto,
Link per approfondire e riflettere:
[1] link all’esperimento “Bobo Doll”
[2] Nella variante del 1965 il gruppo di bambini che aveva assistito al rinforzo positivo del comportamento aggressivo aveva emulato il comportamento in maggior misura rispetto agli altri gruppi.
[3] link alla playlist ASMR